La sicurezza nell’ambito di luoghi di lavoro è normata dal Testo unico sulla sicurezza (Dlgs 81/2008); la parte relativa alle costruzioni, ovvero ai cantieri temporanei o mobili, è concentrata nel titolo IV e nei diversi allegati, di interesse specifico per i cantieri edili.
Per cantieri temporanei o mobili si intendono tutti quei luoghi in cui vengono svolti dei lavori edili o di ingegneria edile che riguardano la costruzione, la manutenzione, la riparazione, la demolizione, la conservazione, il risanamento, la ristrutturazione, la trasformazione e il rinnovamento di opere in muratura, in cemento, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche e le opere idrauliche.
Il Testo Unico sulla sicurezza specifica i ruoli e le responsabilità che ha ogni attore del processo come il committente, il direttore lavori e il coordinatore della sicurezza. Ad esempio, il datore di lavoro ha l’obbligo di redige per la pianificazione della sicurezza il Piano operativo di sicurezza (POS), in riferimento al singolo cantiere interessato.
Il coordinatore della sicurezza, invece, è una figura chiave che si trova nella posizione intermedia, tra il committente e il progettista, al quale spetta la prima e indispensabile pianificazione e organizzazione della sicurezza in cantiere. La figura si sdoppia in due funzioni, con ruoli distinti, che possono essere eventualmente ricoperti anche da due professionisti diversi: il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione (CSP) e il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE).
Sicurezza in cantiere: valutazione dei rischi e pianificazione della sicurezza
La corretta pianificazione della sicurezza necessita dell’elenco delle attività per l’esecuzione dell’opera e della preventiva determinazione dei soggetti che dovranno intervenire nel cantiere, con le modalità del loro avvicendamento e le eventuali interferenze lavorative.
Ogni interferenza rilevata, attraverso le indagini che di volta in volta si riterranno più opportune, dovrà essere valutata e di conseguenza andranno ricercate le migliori soluzioni tecnico-costruttive necessarie ad eliminare o ridurre con efficacia l’interferenza.
L’analisi dei rischi specifici può essere eseguita in due modi: con un’analisi a posteriori o con una a priori. L’analisi a posteriori si riferisce a casi avvenuti nel passato e consente di individuare le cause dell’infortunio e di definire i provvedimenti del caso.
L’analisi a priori viene condotta, invece, a partire da un possibile rischio connesso all’attività lavorativa (la caduta dall’alto di un lavoratore da un ponteggio), analizzando le possibili circostanze che possono determinarlo (assenza di protezioni collettive, assenza di protezioni individuali, inefficienza dei dispositivi di protezione, ecc.). Quest’ultimo tipo di analisi è quella solitamente adottata per il cantiere.
I tipi di intervento che si possono attuare per salvaguardare la sicurezza di un ambiente lavorativo sono di due tipi: prevenzione, cioè la riduzione della probabilità che si verifichi l’evento che può produrre danno; protezione, ovvero la limitazione degli effetti negativi di un evento dannoso.
Dopo l’individuazione e la stima di ciascun rischio, occorre individuare le misure di prevenzione e protezione dai rischi da attuare che possono consistere in: procedure organizzative e operative; misure tecniche di prevenzione e protezione collettiva; dotazione ed utilizzo di adeguati dispositivi di protezione individuale; attività di informazione, di formazione e di addestramento dei lavoratori; aggiornamenti tecnologici.
E’ necessario, allo scopo, redigere, almeno nelle linee generali, un regolamento di cantiere che preveda quali impianti e dispositivi di protezione collettiva (DPC) debbano essere presenti nelle varie fasi lavorative. Ad esempio, in relazione all’esecuzione di lavori in quota, il datore di lavoro ha l’obbligo di scegliere le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, rafforzato dal criterio della priorità delle misure di protezione collettiva (ponteggi fissi, parapetti, reti anticaduta, ecc.) rispetto alle misure di protezione individuale.
I dispositivi di protezione (DP) rientrano quindi nella progettazione della sicurezza, che è alla base di ogni processo produttivo, e possono essere di due tipi: dispositivi di protezione collettiva (DPC) o dispositivi di protezione individuale (DPI).
Dispositivi di protezione collettiva
I DPC sono quei sistemi che intervengono direttamente sulla fonte del pericolo e limitano il rischio di esposizione di tutti i lavoratori e non solo del singolo. Nel Dlgs 81/2008 è previsto un approccio rigoroso secondo il quale l’adozione dei DPC è da considerarsi prioritaria rispetto ai DPI. Il datore di lavoro, pertanto, nello svolgere la valutazione dei rischi, deve proporre l’utilizzo di un determinato DPI solamente nel caso in cui i rischi non possano essere eliminati, o sufficientemente ridotti, attraverso metodi di protezione collettiva.
Tra i sistemi di protezione anticaduta per i bordi liberi dei solai c’è PROKIT di PERI un parapetto di protezione in acciaio veloce da montare e con montanti autobloccanti.
Tra i sistemi di protezione perimetrale c’è Xbright di Doka Italia, un sistema autorampante che consente di lavorare in cantiere in condizioni di sicurezza, oltre a proteggere dagli agenti atmosferici.
Per DPI si intende qualsiasi attrezzatura individuale destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciare la sicurezza o la salute durante il lavoro.
Per la protezione delle mani è necessario essere dotati di guanti di protezione che, a seconda delle lavorazioni, possono essere: ad elevata resistenza meccanica, resistenti al calore, ininfiammabili, antivibrazioni ecc.